Riflessioni su san Francesco e Benedetto XVI

Testimonianza di fra Nicola La Camera

Il Signore vi dia pace. Sono fra Nicola, un frate cappuccino della provincia religiosa di Basilicata-Salerno. Ho scritto due articoli e li propongo alla vostra attenzione. Grazie. 

Francesco d’Assisi con la sua morte ha celebrato il mistero pasquale di Cristo

Da quando Gesù è risorto, la Chiesa ha compreso nel corso dei secoli, grazie all’azione dello Spirito Santo, che i fedeli devono celebrare il mistero pasquale di Cristo a livello liturgico, spirituale e morale. A livello liturgico col passare dal peccato alla grazia; spirituale, col far diminuire il proprio io per crescere nel tu di Dio; morale, col passare dai vizi alle virtù. San Francesco d’Assisi, nell’ultimo momento della sua esistenza, ha messo in evidenza un quarto aspetto: la morte. Ha celebrato il proprio passaggio dalla terra al cielo così come Cristo l’ha vissuto. Tommaso da Celano e Bonaventura da Bagnoregio, suoi biografi, descrivono nei minimi dettagli il transito del loro beato padre. Da quello che hanno riportato per iscritto, emergono vari particolari legati agli ultimi istanti della vita di nostro Signore. Tommaso scrive che Francesco, prossimo alla morte, volle fare memoria dell’ultima cena di Gesù. Si fece portare del pane e ripeté gli stessi gesti che compì il nostro redentore: lo benedisse, lo spezzò e ne diede da mangiare un pezzo ciascuno (cfr. FF 88). Fece quei gesti non solo per imitazione, ma anche per rendere manifesto il significato che sta sotto. Come Gesù ha donato la vita per i suoi discepoli presenti e futuri, così Francesco la donava per i suoi seguaci presenti e futuri. Compiuto il rito, chiese che gli portassero il libro dei vangeli e che gli leggessero il passo dove si inizia a raccontare l’inizio dell’ora della passione di Gesù secondo Giovanni (Gv 13, 1-5. 12. 15). Desiderava ascoltare quel passo per manifestare il suo immenso amore ai suoi fratelli. Come Gesù aveva amato i suoi fino alla fine, così il serafico padre li aveva amati. Dopo la lettura del Vangelo e le varie raccomandazioni che impartì, si fece deporre nudo sulla nuda terra, perché voleva lottare nudo contro le ultime tentazioni che il diavolo gli avrebbe lanciato. (Quando fu) Completamente nudo, i frati videro i buchi alle mani e ai piedi insieme alla ferita al fianco destro. Gli stessi segni che Gesù aveva sulla croce. Da quel momento i frati compresero che il loro fondatore aveva ricevuto il dono delle stimmate. Come Cristo morì nudo, coperto di piaghe e tentato dal diavolo, così morì pure chi aveva cercato nella vita di essere un suo perfetto discepolo. Francesco anche con la morte ha cercato di conformarsi alla morte di Cristo per farla sua e per comprenderla fino in fondo. Il transito del beato padre insegna che anche noi con la nostra morte dobbiamo vivere il mistero pasquale. Anche se non ripeteremo per intero gli stessi gesti di Gesù, dobbiamo almeno testimoniare il contenuto che ne è racchiuso. Per arrivare preparati a quell’ora dobbiamo impegnarci fin da adesso a superare quelle forme caratteriali e/o convinzioni mentali che non ci aiutano a saper perdonare, a ringraziare il Signore per il male ricevuto e a farci promotori di unità.                                                                                                    

Benedetto XVI, il papa dell’amicizia con Dio

Il giorno sedici Benedetto XVI compirà la bellezza di 90 anni. Quando una persona raggiunge una certa età di solito gli si domanda: «Qual è il segreto della tua longevità?». Se avessimo l’opportunità di porre tale interrogativo al Papa emerito, sicuramente Ratzinger ci risponderebbe con le stesse parole che papa Francesco gli ha indirizzato all’inizio del suo discorso in occasione del suo 65esimo anniversario di sacerdozio. In quella solenne celebrazione il Papa regnante affermò che la nota di fondo che ha guidato la vita di Benedetto e che la guida tutt’ora è data dal profondo amore che nutre per Dio. Joseph risponderà allo stesso modo, perché lui stesso in più di un’occasione lo ha affermato. La nostra mente può andare, per chi ha letto i suoi testi, alle varie testimonianze che ha rilasciato: al motivo che lo ha spinto a scrivere i libri su Gesù di Nazareth, all’enciclica Deus Caritas est e ai primi paragrafi di Caritas in Veritate. In esse possiamo cogliere un vero afflato spirituale. L’ultima dichiarazione d’amore la troviamo nell’ultima intervista che ha rilasciato a Peter Seeward, da cui poi è uscito il libro: Ultime Conversazioni. Nell’ultima domanda Benedetto XVI risponde così: «Sono diventato sempre più consapevole che Dio stesso non è soltanto, diciamo, un sovrano onnipotente, una potestà lontana, ma è amore e mi ama e di conseguenza dovrebbe essere la bussola della mia vita. E io devo lasciarmi guidare da Lui, da questa forza che si chiama amore». (Benedetto XVI, Ultime Conversazioni. A cura di Peter Seeward, p. 226). In virtù dell’affetto che prova per Dio, Ratzinger ha cercato sempre di ricevere il suo amore e di conoscerlo nella persona di suo Figlio Gesù. Si è impegnato in questo duplice compito dentro la Chiesa mediante la pratica della liturgia, la conoscenza profonda della Sacra Scrittura e lo studio assiduo dei padri della Chiesa. Non ha mai pensato di riuscirci da solo con le sue sole capacità razionali e spirituali, come osano fare vari teologi. Papa Ratzinger ha vissuto la sua amicizia con il Signore nell’umiltà, nell’abnegazione e nella preghiera. Queste qualità l’hanno portato ad essere molto sapiente e fervoroso. Per via del suo carattere timido e riservato, non è portato subito a manifestare il proprio legame con Dio, però se gli si dà l’occasione si infiamma d’amore e illumina, come pochi sanno fare, le menti degli uomini sulla persona di Dio. Da profondo intellettuale qual è, poteva correre il rischio di dare scarsa importanza alla preghiera, di razionalizzare tutte le verità di fede e di essere eccessivamente critico nei confronti della Chiesa. Ciò non si è verificato, perché ha saputo sempre dare la giusta dignità e importanza alle realtà spirituali e umane. Al mondo d’oggi servono dei teologi come Ratzinger che non annuncino le proprie convinzioni personali, ma il pensiero di Dio così come la Chiesa lo presenta.       

Nicola La Camera

Data di aggiornamento: 23 Ottobre 2017