Politica (sorda) e povertà

In Italia partiti e istituzioni viaggiano su binari paralleli rispetto ai cittadini. E intanto la miseria dilaga senza guardare in faccia nessuno.
28 Dicembre 2016 | di

In Italia ci sono 17 milioni e 469 mila poveri, quasi un terzo della popolazione del Paese. Un numero che avrebbe dovuto far riflettere, tanto più che è stabile rispetto al 2015 (se mai in leggero aumento). Invece è passato quasi inosservato. È stato reso noto il giorno dopo i risultati di un referendum (tenutosi il 4 dicembre scorso) che ha provocato un terremoto nella politica italiana. L’attenzione si è così concentrata sulla valanga dei «no» alla riforma costituzionale e sulle conseguenze politiche nel «palazzo». Gli osservatori e i mass media hanno messo in primo piano i rapporti tra i partiti, la fine del governo, il dibattito sulla legge elettorale e la data di possibili nuove elezioni, mentre i dati sulla povertà sono stati accantonati, come se con la crisi politica avessero poco a che fare.

Poca attenzione è stata data anche a un’analisi più dettagliata che qualcuno ha fatto. Diceva che anche tra i poveri ci sono i «più poveri» e che le famiglie con più di cinque componenti, ad esempio, sono ai limiti della sopravvivenza. Come ha denunciato Linda Laura Sabbadini su «La Stampa», ormai la povertà ha colpito anche gli operai con un lavoro, perché il loro salario non basta più a mantenere la famiglia. Ai margini della società non ci sono solo gli esclusi dal mondo della produzione, ma coloro che ne fanno parte. Sarebbe stato opportuno tener conto di ciò anche nel pieno della crisi politica, durante le consultazioni per formare il nuovo governo e mentre si procedeva alla nomina dei ministri. Ma non è avvenuto. La riflessione sui numeri della crisi sociale – quando c’è stata (e c’è stata poco) – ha proceduto parallelamente alla discussione politica senza incrociarla o collegarsi a essa.

Eppure la realtà sociale ha insistito e ha continuato a battere alla porta chiedendo di essere ascoltata. Proprio mentre i nuovi ministri andavano a prestare giuramento, sono arrivati i nuovi numeri sulla situazione del Mezzogiorno del Paese. Abbiamo appreso che il Pil procapite nelle regioni meridionali è di solo 17.800 euro, più basso del 44 per cento rispetto a quello delle regioni centro-settentrionali. Un divario enorme che si conosceva, ma che è stato confermato. Insieme a un altro: le diseguaglianze in Italia sono aumentate; è cresciuta la distanza tra ricchi e poveri. Due numeri su tutti: il 20 per cento più ricco delle famiglie percepisce il 37,3 per cento del reddito totale, il 20 per cento più povero solo il 7,7 per cento.

Di questi numeri tragici non abbiamo trovato traccia nel dibattito politico e parlamentare. E tanto meno in quello interno ai partiti. La politica è apparsa sorda rispetto alle emergenze sociali, sempre più chiusa in un dibattito tra addetti ai lavori. Una sordità ancora più grave perché, proprio attraverso il referendum, la società aveva lanciato un grido di allarme. E questo era venuto soprattutto dal Sud, dalle città più povere, dai giovani senza occupazione, dai grandi centri operai. Non sappiamo al momento se la politica riuscirà a riparare a questa disattenzione. Lo speriamo. Per il bene del Paese, ma anche della politica stessa. 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017

Articoli Consigliati

Beata povertà!

25 Dicembre 2016 | di

La voce del popolo?

10 Novembre 2016 | di
Lascia un commento che verrà pubblicato