In nome del popolo

Le peggiori nefandezze sono state spesso perpetrate da pochi «in nome del popolo». Oggi come un tempo. L'unica è vigilare, ogni giorno e in ogni circostanza, proteggendo la democrazia da chi l’attacca nelle sue stesse basi.
15 Febbraio 2019 | di

Si moltiplicano in modo vertiginoso i fatti che dimostrano quanto sia fondata la locuzione latina senatores boni viri, senatus mala bestia, i senatori sono brave persone, il senato è una bestia cattiva.

Non mi riferisco di certo soltanto al Parlamento che non manca di sfornare esempi che confermano la bontà dell’antica e troppo trascurata saggezza dei nostri avi.

Non c’è luogo in cui si riuniscano più persone, dallo stadio alle piazze, dalle assemblee di vario tipo ai luoghi di lavoro e perfino a quelli di culto, che non corra il rischio di partorire un capopopolo che strumentalizzi il suo ascendente per orientare il gruppo o la massa nella direzione da lui desiderata.

Sa bene, il capopopolo, che la debolezza del singolo nel reclamare il riconoscimento dei propri diritti si trasforma in forza nel momento in cui è sostenuta da un gruppo che si trova nelle medesime condizioni. Di per sé questo non è un male, perché ha permesso a tanti di noi di farci ascoltare e di ottenere conquiste che da soli non avremmo mai ottenuto.

La faccia negativa è quella che ci troviamo davanti tanto spesso quando il gruppo o «le masse» sono guidate da chi approfitta del potere che gli è stato affidato, dei mezzi tecnologici e dei mezzi di informazione di cui dispone o del proprio carisma, per sfruttare l’insoddisfazione e il malessere del singolo trasformandola in rabbia cieca e distruttiva di gruppo.

Questa manipolazione ha effetti disastrosi, perché altro non è che uno sfogo violento che non trasforma in senso positivo le relazioni, ma getta le basi di nuove ingiustizie.

L’avevano ben capito i movimenti nonviolenti che concepivano la lotta, ogni lotta, come ahimsa che in sanscrito significa «assenza del desiderio di nuocere o uccidere». Quindi opposizione, resistenza, disobbedienza civile contro le malefatte del potere, ma mai violenza.

Ci vuole coraggio, determinazione e convinzione profonda per praticare la nonviolenza e accettarne le pesanti conseguenze personali. Molto più facile è unirsi per spaccare tutto, guidati da personaggi che versano benzina sul fuoco per fini personali o di partito.

Il «popolo» è un’astrazione che viene spesso glorificata nella versione vox populi vox Dei o disprezzata nella versione «popolo bue», a seconda degli umori e delle convenienze. 

Chi parla in nome del popolo mi preoccupa. Le peggiori nefandezze sono state perpetrate, infatti, proprio «in nome del popolo». Resto dell’idea che una democrazia vicina alle persone e il continuo ricambio del potere affidato alle urne sia quanto di meglio il pensiero politico umano abbia espresso.

Ma ogni democrazia è fragile e sta a tutti noi proteggerla, ogni giorno e in ogni circostanza, da chi l’attacca nelle sue stesse basi che, per l’Italia, sono ben riassunte nella nostra Costituzione.

Data di aggiornamento: 15 Febbraio 2019
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