16 Marzo 2018

L’indefinito turbamento

Si sviluppa intorno alla condizione intersessuale di una 15enne il film «XXY» (Argentina/Spagna 2007), un’acuta riflessione sul concetto di etica sessuale tra ambiguità, paure e scelte difficili.
Inés Efron interpreta Alex, 15enne intersessuale sottoposta a una terapia cortisonica, nel film «XXY» di Lucía Puenzo.
Inés Efron interpreta Alex, 15enne intersessuale sottoposta a una terapia cortisonica, nel film «XXY» di Lucía Puenzo.

Su uno splendido, isolato litorale dell’Uruguay, alcuni adolescenti si scaldano al fuoco, acceso sulla spiaggia. E guardano lontano. Verso un orizzonte, che li attrae e inquieta. Perché è il loro orizzonte, ma non lo conoscono con certezza. Il loro turbamento ruota attorno alla condizione intersessuale della 15enne Alex. Alex, che ha grandi occhi chiari e l’esile corpo di una ragazza dai piccoli seni, nasconde un segreto: deve assumere farmaci a base di cortisone, altrimenti si virilizza, cioè assume tratti corporei maschili. Il motivo è un difetto biologico nella produzione di enzimi, un difetto diagnosticato già prima della nascita.

Álvaro ha invece chiare fattezze di maschio ed è taciturno e goffo. Suo padre è il chirurgo plastico giunto in visita in Uruguay con la moglie, su amichevole invito della mamma di Alex. Le due famiglie si conoscevano, quando abitavano a Buenos Aires. Álvaro è scosso dalle repentine provocazioni di Alex («Tu ci verresti a letto con me?») e al primo contatto avverte assieme spavento e fascino. I due ragazzi si confidano pensieri e sensazioni nascoste. Alex confessa che è stanca di prendere pastiglie e non accetta l’idea di una correzione cruenta: «Voglio che tutto resti uguale». Ma sa che è ormai impossibile mantenere segreta l’anomalia, evitando pettegolezzi e discriminazioni («Dai, raccontalo a tutti che sono un mostro»). Álvaro s’immedesima in Alex, ne è attratto e la contempla stupefatto, come se quella bellezza ibrida lo ipnotizzasse.

«XXY» è la sindrome di Klinefelter, mentre la patologia di Alex sembra riconducibile all’iperplasia surrenale congenita. Perciò la sigla «XXY» vuole indicare simbolicamente la condizione intersessuale in generale. Quasi il 2 per cento della popolazione possiede infatti un’anatomia ambigua, con caratteri sia maschili che femminili, e ha organi genitali diversi da quelli previsti sulla base del sesso cromosomico. Questo dato ha acceso un vivace dibattito bioetico. La prima questione morale riguarda i criteri per l’assegnazione di sesso. Chi siamo (cioè la nostra originale identità personale) non coincide sempre perfettamente né con il patrimonio genetico, né con gli ormoni o gli organi sessuali che possediamo. Contro il determinismo fisico, una visione integrata del genere considera l’insieme delle variabili, distinte ma non separate (anzi interagenti tra loro), le quali costituiscono l’essere umano: natura corporea, sentimento psichico, rapporti sociali, fattori culturali e libertà personale.

Il film dà rappresentazione al potere della medicina. Per evitare stress alla famiglia e indirizzare il bambino verso un chiaro modello educativo, sin dagli anni ‘50 i pediatri suggerivano alle famiglie di «normalizzare» le anomalie, ricostruendo precocemente gli organi (anche con l’uso della chirurgia). Oggi si dà maggiore importanza al counseling familiare, si sperimentano tattiche cliniche di attesa e si valorizzano le propensioni del soggetto, man mano che le sue inclinazioni si chiarificano e vengono sottoposte a una valutazione personale. «Tu Alex sceglierai quello che vuoi, quando vuoi e io ti sosterrò» le sussurra delicatamente il papà, biologo marino.    

Il cinema di Lucía Puenzo si accosta con sensibilità silenziosa e sobria al conflitto, lo mette in vibrazione con metafore ambientali, acquatiche (pioggia e onde che avvolgono come un utero), ed animali (tartarughe ferite dalle reti; pesci pagliaccio, di natura ermafrodita). Il racconto lega le vicende adolescenziali alle difficili scelte dei genitori, ai traumi che gli adulti si vergognano di confessare, alla paura del disprezzo, che spinge una famiglia a fuggire da Buenos Aires. Il film esplora anche l’identità misteriosa del cinema, come arte che eccita e ferisce, sorprende e respinge, seduce e spaventa. Come un mostro liscio e bellissimo, oppure nauseante e scontroso. Senza una qualche ambiguità, senza qualche oscuro rimando, nessun racconto ci accoglie e illumina i nostri dubbi. Restiamo tutti per sempre «XXY», custodi di possibilità sopite, e lo restiamo anche da adulti, in cerca di una narrazione intrigante, con cui sognarci liberi e nuovi, a occhi aperti, immuni dai pregiudizi sessuofobici. 

Data di aggiornamento: 16 Marzo 2018
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