La grande cantante che ha voluto essere mamma

Sembra una cosa scontata, ma non lo è, perché nessuna delle stelle della lirica aveva mai affrontato una gravidanza per paura di compromettere la voce. Lei ha infranto il tabù. E ora è madre felice di due bravi ragazzi.
02 Maggio 2013 | di

Dici Cecilia Gasdia e ti viene alla mente una delle stagioni (anni Ottanta e Novanta) più felici del canto lirico italiano, con lei, soprano dalla voce stupenda e di gran temperamento, a mietere successi nei teatri di tutto il mondo.

E pensare che da ragazzina il suo sogno era di solcare i cieli guidando rombanti aerei da caccia. E fu una doccia fredda quando, confessato al papà, che era stato militare in cavalleria, il proposito di arruolarsi nell’Aeronautica militare, questi le aveva risposto che non era possibile, semplicemente perché «sei una donna»: allora al gentile sesso era preclusa la vita militare. Ma fu una fortuna, dicono gli amanti del bel canto.

In seguito, Cecilia avrà modo di rifarsi, alla grande, prendendo il brevetto di pilota, ma andando anche, assieme alle mitiche Frecce tricolori, a disegnare mirabolanti ghirigori sull’azzurra tavolozza del cielo.

Comunque, elaborato lo smacco di quell’incomprensibile chiusura, Cecilia imboccò una strada più confacente alla sua femminilità: liceo classico al prestigioso «Maffei» di Verona, sua città natale, e conservatorio, a perfezionare lo studio del pianoforte al quale si applicava da quando aveva cinque anni.

Al canto ci arrivò per caso. Anzi, per soldi.

«Tra liceo e conservatorio, ero molto impegnata – ricorda Cecilia –. D’estate, poi, andavo a raccogliere la frutta, giusto per raggranellare qualche soldino per le piccole spese. Un giorno, degli amici, che facevano le comparse all’Arena di Verona, mi dissero: “perché non vieni anche tu, fatichi di meno, guadagni di più e ci si diverte un sacco”. Ci andai e ne fui contenta. Al canto non ci pensavo proprio, anzi: non mi piaceva, perché al conservatorio gli allievi del corso di canto erano considerati studenti di serie B. Io li conoscevo quasi tutti perché, per esercitazione, li accompagnavo al piano. Le ragazze del corso cantavano nel coro dell’Arena e prendevano più di me, che facevo la comparsa. Allora, per una pura convenienza economica, cioè “per soldi”, decisi di andarci anch’io. Però, per poter cantare in un coro, non basta fare domanda, bisogna avere la voce, e ben impostata. Mi iscrissi anch’io al corso di canto del conservatorio e poi, superato l’esame, entrai nel coro».

Il concorso «Voci nuove per la lirica»

Ma la Gasdia aveva una voce non comune. E la sua insegnante più l’ascoltava e più apprezzava il suo innato talento. «Una voce come la tua non può restare intruppata nel coro», le disse un giorno, invitandola a mettersi alla prova partecipando al concorso «Voci Nuovi per la lirica», dedicato a Maria Callas, indetto dalla Rai.

Cecilia nicchiava. «Non volevo fare la cantante. Avevo diciannove anni, mi ero diplomata al conservatorio, avevo conseguito la maturità classia, mi ero iscritta all’università, cantavo nel coro, e per sole cinque ore di prove al giorno guadagnavo più di quanto mi servisse. Non mi interessava avventurarmi in altre esperienze».

L’insegnante fortunatamente insistette fino a farla capitolare. Il concorso lo vinse lei. Era il 1980. Cecilia aveva vent’anni. Qualche tempo dopo debuttava a Firenze ne I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini. Ma il colpo grosso lo fece alla «Scala» di Milano, complice un’indisposizione di Montserrat Caballé, un mito della lirica. Cecilia venne chiamata all’ultimo momento a sostituirla nel ruolo di Anna Bolena nell’opera omonima di Donizzetti. E fu un trionfo, l’inizio di un successo, che proseguì poi nei teatri di tutto il mondo, come affascinante interprete delle eroine delle opere liriche, con una predilezione per quelle del repertorio rossiniano, del quale diventerà una delle interpreti più apprezzate a livello mondiale, avendo spesso accanto il mezzo soprano Lucia Valentini Terrani, una cara amica scomparsa da qualche anno. «Pur essendo innamorata delle opere di Puccini – confessa la Gasdia – è laTraviata di Verdi quella che ho amato e amo di più».

Successo travolgente, accanto ai più bei nomi della lirica, e richieste da parte dei più prestigiosi direttori d’orchesta, come Carlo Maria Giulini, Carlos Kleiber, Riccardo Muti, Herbert von Karajan, Claudio Scimone... Ma con tutti gli obblighi e i limiti imposti da una professione che non ammette cedimenti, battute d’aresto.

«Per un cantante, soprattutto agli inizi – ricorda la Gasdia – una sola cosa conta: la voce. Non c’è posto per altro. E io mi ero adeguata: pensavo egoisticamente solo alla mia voce e a studiare. D’altra parte, ero impegnata sette o otto ore al giorno tra prove e altro: una vita faticosa e sempre con il terribile assillo della voce. La vita normale di una donna? Neanche sognarla. Una gravidanza? Da escludere a priori: il diaframma e le corde vocali sono organi troppo perfetti e delicati: i cambiamenti che avvengono nel corpo di una donna nei nove mesi di gestazione potrebbero compromettere tutto – questa era l’opinione corrente – e rovinare una carriera. E così nessuna delle stelle del melodramma aveva mai osato avventurarsi in una gravidanza».

«Spinta» dalla Tebaldi infrange un tabù.

Cecilia si era ovviamente adeguata. Ma un giorno, anzi, una sera, al termine di una rappresentazione alla Scala, con ancora nell’aria l’eco degli applausi, bussò al suo camerino Renata Tebaldi: una «voce d’angelo», amatissima dai melomani di tutto il mondo, una carriera di successi, di onori, di ricchezza. Era andata a complimentarsi con il giovane astro della lirica, ma, accomiatandosi, le aveva lanciato un consiglio. Ricorda Cecilia: «La Tebaldi mi disse: dalla vita ho avuto ricchezza e fama, ma non sono stata felice perché ho fatto il più grande sbaglio che una donna possa commettere, quello di non sposarmi e di non avere dei figli, una famiglia: le cose che rendono completa una donna. Sarai fortunata, se riuscirai a mettere insieme le due cose».

Cecilia aveva allora ventiquattro anni e il pensiero di farsi una famiglia neppure la sfiorava. Però quelle parole così sincere e accorate della Tebaldi cominciarono a roderla come un tarlo. «Il lavoro era gratificante, mi dava autonomia economica e tante soddisfazioni. Ero appagata. Ma sarà così anche a cinquant’anni, quando la voce comincerà a cedere?».

Nella mente, un vespaio di domande. Alla fine si convinse che la Tebaldi aveva ragione, che non le si addiceva il ruolo di Vestale della lirica, di chi, cioè, al bel canto è disposta a sacrificare tutto, anche la felicità. Lei voleva vivere le esperienze di tutte le donne, maternità compresa. E così, sfidando i luoghi comuni del suo mondo e tutto il resto, ha aperto le porte al destino.

«E il destino – racconta Cecilia – mi ha fatto diventare madre felicissima di due figli. Avere figli è un dono privilegiato, instaura un rapporto che è per tutta la vita».

Non è stato tutto facile. Superate indenne le gravidanze – nessuna conseguenza per la voce, anzi – ha dovuto approntare mille strategie per conciliare in modo soddisfacente la sua vita di artista chiamata a cantare nei teatri di tutto il mondo, e quella dei figli.

«Finché erano piccoli – racconta – stavano un po’ con me (me li portavo per i teatri, ed erano bravissimi) e un po’ con il padre. Quando hanno cominciato ad andare a scuola, le cose si sono complicate; durante le prime classi elementari, in qualche modo siamo riusciti a garantire la nostra presenza. Poi è stato più difficile. Ricordo di aver fatto parecchi pianti, quando partivo e lasciavo mio marito a casa con i figli. Poi, a darci una mano, sono subentrate le mie sorelle e mia madre, che mi hanno aiutato tantissimo, comportandosi in modo così corretto che i miei figli si sono affezionati a loro, distinguendo però l’affetto che avevano per la nonna e le zie dall’amore alla mamma».

«Ancor più difficile è seguirli oggi, che hanno diciannove e sedici anni, con tutti i problemi degli adolescenti e le nostre paure. Per questo, ho cominciato a rallentare il lavoro. Ormai sono più di vent’anni che canto, ho avuto successo, mi sono tolta tante soddisfazioni: è giusto che ora pensi alla famiglia! Se una del nostro mestiere non sceglie, è l’egoismo che sceglie per lei. Io credo che una donna, a un certo punto, qualsiasi lavoro faccia, debba fermarsi, guardarsi dentro e chiedersi quello che è giusto fare, senza retorica e inganno, perché a volte è molto più facile lavorare e non pensare alla famiglia».

I figli hanno risentito di tante sue prolungate assenze? «Per ora non lo danno a vedere, sono bravi, ma può darsi che con il tempo saltino fuori le magagne».

Nella vita così movimentata di una donna di successo c’è posto per la fede? «Certo, anche se per qualche tempo, soprattutto dopo la morte di mio padre, sono stata lontana dalla fede. Ora l’ho ritrovata, grazie anche a una mia sorella che mi ha aiutato nel cammino. Ho riscoperto la preghiera, i sacramenti, e la mia vita sta cambiando: sono diventata più tollerante, più dolce, più remissiva, più disponibile verso gli altri. Anche se il dubbio è sempre in agguato».

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017

4 comments

23 Giugno 2019
Esprimo i miei complimenti per tutta la sua attivitá. Un giorno sarei onorato di salutarla di persona. Tanti auguri.Cordiali saluti.
Elimina
di Umberto

1 Giugno 2020
Carissima Cecilia, sono Anita Ruzzi da Roma e, oltre che farti tutti i miei più vivi complimenti per la voce straordinaria che possiedi nonchè per la tua altrettanto straordinaria bravura, volevo dirti che adoro la lirica. E' una delle cose più belle del mondo. Ti dico solo che, quando ascolto una qualsiasi aria lirica (Vissi d'arte di Puccini cantata da Maria Callas, Casta Diva di Bellini, etc.), mi emoziono a tal punto da farmi certi pianti!! Proprio non resisto. Ti faccio i miei più vivi complimenti per aver saputo conciliare, malgrado le difficoltà, lavoro e famiglia, per essere stata ed essere una delle cantanti più brave del mondo senza rinunciare alla maternità. Auguri per tutto. Spero tanto, un giorno, di poterti vedere al teatro. baci grandissimi.
Elimina
di anita

1 Giugno 2020
La lirica è una delle cose più belle del mondo. Ti auguro di essere sempre bravissima e dare il meglio di te. Bacio bacio.
Elimina
di anita

1 Giugno 2020
Ti auguro ogni bene, a te e ai tuoi cari.
Elimina
di anita

Lascia un commento che verrà pubblicato