India e Tanzania: due progetti per spegnere la sete

La mancanza d’acqua costringe intere popolazioni a migrare per sopravvivere. Ecco perché i progetti di accesso all’acqua diventano vitali per creare sviluppo nelle comunità.
06 Settembre 2018 | di

Le coincidenze non sono mai un caso. Ancor meno lo sono per Caritas Antoniana. Così quando, a fine giugno, arrivano in sede due lettere quasi identiche nei contenuti, che ringraziano per l’acqua ricevuta, il messaggio è inequivocabile: la febbre del Pianeta sta salendo, eppure, nel nostro piccolo, abbiamo contribuito a spegnere la sete dei più poveri, aiutando la sopravvivenza di migliaia di persone.

I due progetti sono stati approvati l’anno prima. Le lettere sono il resoconto finale dei lavori fatti. Incredibili le coincidenze. Non solo si tratta di progetti di accesso all’acqua, ma sono anche collegati alla scuola e a una comunità poverissima che vive in una zona rurale isolata. A gestirli, piccoli gruppi di suore locali, quella parte della Chiesa che opera in prima linea, a contatto con la povera gente nei luoghi più difficili del Pianeta, ma che è di fatto invisibile. Dei due progetti è uguale persino l’importo donato da voi lettori: circa 18 mila euro. L’unica differenza? Si trovano in due puntini, anch’essi invisibili, del mappamondo, che distano tra loro almeno 6 mila chilometri: uno è in India e l’altro in Tanzania.

Emergenza planetaria

È la dimostrazione in scala ridotta di un fenomeno planetario: l’acqua potabile scarseggia sempre di più, anche in zone non desertiche. La sua scarsità causa malattie, morte, sottosviluppo, soprattutto nelle zone rurali che dipendono dall’agricoltura di sussistenza. Le cause principali di questa mancanza sono l’inquinamento, provocato spesso da imprese straniere senza scrupoli, agevolate da regimi corrotti, e i cambiamenti climatici che hanno polarizzato le stagioni. A periodi di siccità estrema, seguono interminabili stagioni di piogge torrenziali e inondazioni. A lungo andare, la conseguenza sarà una sola: l’esodo di intere popolazioni in altre terre, per cercare di sopravvivere.

Un pozzo in India

Ma andiamo alle nostre suore invisibili e al loro appello per l’acqua. Suor Reeja Karuna è la superiora di una piccola missione di suore clarisse francescane, sorta 4 anni fa a Biniya, nello Stato del Chhattisgarh, nel Nord dell’India. Si tratta di un’area di montagne e foreste gravemente sottosviluppata, senza strade e servizi, a 72 chilometri da Ambikapur, la città più vicina. «Intorno alla missione ci sono 25 villaggi, il più prossimo è a due chilometri, il più lontano a 20», scrive suor Reeja, che per raggiungere computer ed e-mail e mandarci i resoconti si fa ogni volta un giorno di viaggio. A Biniya l’acqua ha il colore rossiccio della terra e provoca malattie, mentre l’analfabetismo, specie delle donne, raggiunge in alcuni villaggi quasi il 60 per cento della popolazione.

La congregazione ha aperto una scuola per i bambini dei villaggi, oggi frequentata da 400 allievi, e costruito un ostello che accoglie 150 ragazze. Mancano tre cose fondamentali, che le povere suore proprio non riescono a realizzare: il completamento della sala multiuso – «che di sera potrebbe diventare il dormitorio per i maschietti» –, di cui ci sono solo i muri perimetrali; l’acquisto dei letti, perché «le bambine dormono per terra, a rischio però di essere morse da serpenti e insetti», ma soprattutto lo scavo di un pozzo: «Non c’è sufficiente acqua potabile per i nostri allievi e per i villaggi vicini».

Un sistema per la raccolta di acqua piovana in Tanzania

In tutt’altra parte del Pianeta, in Tanzania, nella zona rurale di Rubya, a 35 chilometri da Bukoba, la città più vicina, suor Immaculata Katunzi, delle sorelle di santa Teresa, ha un problema analogo. Le suore hanno fondato tre scuole primarie e una scuola secondaria, le uniche accessibili alla popolazione di poveri contadini, che vive al di sotto della soglia di povertà dei 5 dollari al giorno. Le suore, che sono insegnanti ma anche agronome, hanno imparato sul campo a mettere in pratica lo sviluppo sostenibile: non solo insegnano a leggere e a far di conto, ma cercano di impartire i rudimenti di un’agricoltura più avanzata e di una gestione della risorsa acqua in linea con la desertificazione in atto in quella zona, a causa dei cambiamenti climatici. Ma hanno un problema grosso: non riescono a far fronte al fabbisogno di acqua potabile per i loro oltre 2 mila allievi e per la comunità circostante. Un problema anche dal punto di vista scolastico: buona parte dei bambini ha abbassato il rendimento perché impegnato a cercare acqua per la famiglia, compito che si rivela ogni giorno più difficile. In questo modo la povertà si avvita sempre più su se stessa. Suor Immaculata propone allora a Caritas Antoniana un progetto semplice ma efficace: costruire un sistema di canalette su tutti gli edifici scolastici e convogliare l’acqua durante la stagione delle piogge in un’enorme cisterna di 90 mila litri, per averla nei sempre più duri periodi di siccità.

La festa dell'acqua

Caritas Antoniana approva entrambi i progetti nei primi mesi del 2017. A fine giugno 2018, la festa dell’acqua di Biniya e Rubya – persino i nomi si richiamano! – arriva fino a noi. Nelle foto, una miriade di volti sorridenti, di colori, di gioia. A suggellare il tutto, la lettera di suor Reeja che – ne siamo sicuri – suor Immaculata sottoscriverebbe appieno. Eccone alcuni stralci: «Ringrazio Dio Onnipotente per tutte le benedizioni che abbiamo ricevuto tramite Caritas Antoniana, meraviglioso strumento a favore dei poveri e dei bisognosi. So che non meritiamo questo grande dono. Un immenso grazie a Dio e a tutti voi per il sacrificio che ha reso possibile tutto questo… I bambini di Biniya sono estremamente contenti e gioiscono per la loro vita… Il loro sorriso innocente, il loro amore, la loro gioia genuina arrivino fino a voi insieme a questa mail. Possa Iddio benedirvi per sempre».

Data di aggiornamento: 06 Settembre 2018
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