Il racconto del mondo

Lo spettacolo del mondo entra nella narrativa per ragazzi, settore nel quale aumentano libri che narrano la realtà. Nessun argomento è escluso: dalle migrazioni al terrorismo, passando per i principali fatti di cronaca.
29 Agosto 2019 | di

Lo spettacolo del mondo entra nelle letture per ragazzi. Crescono i libri che narrano la realtà, e piacciono pure agli adulti. Molti editori hanno creato collane non fiction, e non solo perché i ragazzi, come confermano le statistiche, leggono più dei genitori.

Nell’attualità siamo immersi, tutti, 24 ore su 24. È quella delle fughe da guerre e persecuzioni; dell’impatto di grandi eventi come il terrorismo o le catastrofi naturali; di eroi non eroi che hanno detto un sì o un no o che, semplicemente, hanno fatto di una passione la loro ragione di vita. Questi anche i tre scenari al centro di questo dossier. A raccontare il mondo sono gli adulti, in particolare chi ha a che fare con le parole, le immagini, le illustrazioni della narrazione rivolta a bambini e ragazzi, ma spesso anche questi ultimi, in prima persona.

La grande storia irrompe nelle pagine con la potenza delle piccole storie: le loro. In punta di piedi, mai urlate. Perché, come diceva Dino Buzzati: «Scrivere per ragazzi è come scrivere per adulti. Solo più difficile». 

MIGRAZIONI

Tutti i popoli sono stati migranti almeno una volta nella storia. Con parole, foto e illustrazioni ce lo racconta In mezzo al mare (Il Castoro), tra i libri – per young adults e non – più potenti nella narrazione degli esodi. Molti i ragazzi e le ragazze che, oggi come ieri, hanno preso la via del mare, a bordo di barconi, da soli o insieme ai loro cari, rischiando la vita per cercare rifugio. Le migrazioni non hanno un tempo. Appartengono alla storia dell'uomo da sempre. Così come le storie che si tessono dentro le fughe da conflitti, persecuzioni, siccità.

Altro libro e altra fuga, protagonista Adou. Il racconto del mondo, nel suo caso, parte da una valigia al centro di La valigia di Adou, (Il Castoro), scritto da Zita Dazzi, giornalista di «Repubblica». Raccontare storie è il suo mestiere. Storie vere, mai inventate. Le arrivano tutti i giorni dalla strada, dalla cronaca. Quando non va lei stessa a cercarsele, scovandole nelle pieghe di una battuta, di un racconto, di una foto.

Come è accaduto per il personaggio del suo libro, un volume adottato da molte scuole e grazie al quale ha incontrato più di diecimila ragazzi. «Maggio 2015. Nella prima pagina dei giornali – racconta Zita Dazzi – una foto ai raggi X. È stata scattata alla frontiera dell’enclave spagnola di Ceuta. Sembra ritoccata, invece è vera. È quella di un bambino chiuso dentro a un trolley. Ha un nome: Adou Quattara, 8 anni. Viene dalla Costa d’Avorio.

L'immagine mi colpisce: spiega meglio di mille articoli il dramma dell’emigrazione dall’Africa. Ho pensato che la storia di Adou andava raccontata ai bambini italiani, quelli che di solito non viaggiano nelle valigie per andare in un altro Paese. Ho quattro figli, ciò che accade intorno non si può nascondere, faremmo peggio. Scrivo per i ragazzi come per gli adulti, senza tanti giri di parole. Il mio desiderio è quello di riportare la realtà, condividendo la speranza di un mondo più giusto nel quale non si debba più chiudere un figlio in una valigia o nell’intercapedine di un Tir per riuscire a varcare un confine».

CRONACA

II terremoto che, tra il 2016 e il 2017 colpisce il Centro Italia, fa da sfondo alle storie di Matteo, Giulia e Federico ne La zona rossa, graphic novel di Silvia Vecchini con le illustrazioni di Sualzo.

Tre adolescenti come tanti: la scuola, il calcio, i fumetti, il motorino, le famiglie che a volte sono felici e a volte no. Finché una notte cambia tutto: il terremoto arriva e si porta via le case, la sicurezza, il quotidiano. Ma quante sono le cose che cambiano? Quali sono quelle importanti, quelle che restano qualunque cosa accada? 

«All’inizio, Silvia e io non sapevamo bene da dove cominciare – spiega Sualzo, autore e disegnatore –. La storia da raccontare era impegnativa. Di una cosa, però, eravamo sicuri: non volevamo che il nostro fosse un racconto di cronaca. Proprio per lo spessore di ferite ancora aperte, le parole andavano sganciate dall’urgenza, dal ritmo imposto dal resoconto giornalistico. In più, qualunque narrazione, non solo quella de La zona rossa, sarebbe risultata irrispettosa e offensiva proprio nei confronti di chi quella cronaca la sta ancora vivendo, magari da orfano o sfollato».

A Silvia e Sualzo, che nella vita sono marito e moglie, l’ispirazione arriva inaspettata. «Era il 31 ottobre 2017. Quella notte ci fu un’altra scossa di terremoto. L’avvertimmo anche a San Feliciano sul Trasimeno (PG) dove viviamo con i nostri tre figli. In poche ore, in un paesino di 800 abitanti, giunsero 250 sfollati. In quei giorni abbiamo osservato, in "presa diretta", qualcosa che non avremmo mai potuto raccontare con un’operazione mediata, per questo non sincera.

Partendo da un terremoto (che Sualzo, nei suoi disegni, non rimanda a un unico luogo, ma a più paesi: una via di Norcia, un palazzo di Amatrice, un bar di Visso), ne hanno raccontato altri. «È stato il pretesto per affrontare quei cambiamenti che sconquassano la vita e ti interrogano sul senso di precarietà e di privazione», conclude Sualzo.

Dire «si» significa accettare sfide impossibili, realizzare utopie e difendere conquiste. In Io dico sì, Daniele Aristarco, autore di numerosi libri per ragazzi, ripercorre le storie di tanti «sì». Dal «sì» alla pace dei soldati di Ypres a quello al dialogo nella storia del ponte di Mostar; dal «sì» alla verità per Stefano Cucchi a quello al coraggio della generazione dei ragazzi del Bataclan che, dopo quella tragedia, non hanno avuto paura e sono tornati a essere cittadini del mondo. Un affresco corale sull’ostinazione delle idee che mette in moto il gioco del futuro.

SEMPLICEMENTE EROI

«Non volevo che Ilaria diventasse un’eroina. Non è questa la sua storia, lei per prima non lo avrebbe voluto. Un giornalista non è più bravo perché muore ammazzato. Un giornalista è bravo quando fa semplicemente bene il proprio lavoro, ogni giorno con la stessa curiosità del primo giorno. Senza tacchi, senza trucco, con le camicie larghe e i pantaloni comodi a cui Ilaria ci aveva abituato, entrando nelle case delle famiglie somale, bevendo il tè con loro per raccogliere notizie, indizi e osservarne, al tempo stesso, aspetti di vita quotidiana».

Gigliola Alvisi in Ilaria Alpi: la ragazza che voleva raccontare l’inferno ha raccontato la storia della giornalista Rai, uccisa una domenica di primavera di venticinque anni fa in Somalia insieme all’operatore Miran Hrovatin. Non è nuova l’autrice a storie che prendono spunto dalla realtà come quella delle spose bambine.

Come raccontare il mondo ai ragazzi? «Scordiamoci la fretta, usiamo pure i tempi lunghi di un romanzo - conclude Alvisi -. Perché una storia li “abiti” dovremmo fare in modo che le parole non scivolino loro addosso come il tocco veloce di un messaggino sullo smartphone o un post sui social. Solo le pagine di un libro possono dare il giusto tempo di un approfondimento, di un confronto, di una domanda. Solo se respiriamo le storie, queste non ci abbandoneranno mai».

 

Il dossier completo «Come ti racconto il mondo», con le interviste ad autori, scrittori ed illustratori e una breve panoramica su alcuni libri che narrano l'attualità, nel numero di settembre 2019 del «Messaggero di sant’Antonio» e nella corrispondente versione digitale!

 

Data di aggiornamento: 29 Agosto 2019
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