«Grazie, lettori del “Messaggero di sant’Antonio”!»

Testimonianza di fr. Virginio Pompilio dall’isola di Palawan (Filippine)

Pace e Bene!

Mi presento: Fr. Virginio Pompilio missionario italiano della Congregazione Terziari Cappuccini dell’Addolorata o, Padri Amigoniani.

Il motivo che mi ha spinto a scrivere qualcosa è che alcuni lettori della vostra rivista leggono notizie di approvazione di progetti di sviluppo sociale da parte della Caritas Antoniana e mi chiedono se i beneficiari sono i giovani aiutati da questo Centro giovanile in Palawan.

Mi trovo nelle Filippine, una nazione composta da circa 7.100 isole sparse nell’immensità dell’oceano Pacifico, con una popolazione di oltre cento milioni di abitanti senza contare i non registrati e sono tanti.

Era la fine del 1989 quando i miei Superiori Maggiori espressero il desiderio-mandato di inviarmi nelle Filippine, cosa che feci senza batter ciglio. In quel periodo stare in Italia per me non aveva senso. Il desiderio di condividere la mia vita di consacrato con chi vive al limite della sopravvivenza imposta o, forse, per ignoranza, mi ha incoraggiato e continua a darmi la forza di andare avanti.

Era il 31 Dicembre 1989 quando iniziai la mia avventura di Missionario nel Sud-Est dell’Asia. Era l’ultimo volo della Philippines Airline in Europa e a bordo eravamo un centinaio di passeggeri, pochi per un aereo con una capacità di circa 400 posti.

Il primo Gennaio 1990 con molte ore di ritardo, “Filippino time”, di sera, finalmente l’aereo atterra all’aeroporto di Manila.

Il primo impatto è stato quello di vedere l’abuso e violenza indiscriminata da parte dei poliziotti e non nei confronti dei numerosi bambini che chiedevano soldi ai passeggeri appena usciti dall’aeroporto e causa la malnutrizione, si potevano contare le loro ossa.

Avevo 44 anni quando sono partito e iniziato la mia vita di condivisione missionaria, ora ne ho 72 di cui 52 di Professione Religiosa e 27 di presenza continua nelle isole Filippine. Sin dall’inizio pur non sapendo neanche una parola di inglese e tagalog, lingua locale, come è mio stile ho iniziato a dedicare il mio servizio alla gente della zona, specialmente i bambini che continuano a chiamarmi Santa Claus (Babbo Natale) per la mia somiglianza al commercializzato “Babbo Natale”. La Parrocchia situata nei suburbi di Manila, faceva parte della zona militare di Fort Bonificio, era composta da sei Barangay (frazioni), con una popolazione di circa sessantamila anime. Ho lavorato e continuo a lavorare con loro e per loro, senza mai pensare al tempo.

Le prime persone che ho iniziato ad aiutare è stata una famiglia di lebbrosi. Le strade erano di terra battuta, la distribuzione dell’acqua era molto discontinua, spesso si rimaneva senza per oltre quindici giorni, cosi anche per l’energia elettrica.

Le esigenze missionarie sono tante, molte volte non si sa da che parte iniziare o, non si è in condizione di dare delle risposte concrete per mancanza di mezzi materiali, specialmente economici. Come missionario è necessario camminare a braccetto con la Provvidenza, che si manifesta con coloro che desiderano condividere quello che hanno con chi si dimena con le difficoltà del vivere quotidiano. Io uso chiamarli “Missionari a Distanza”.

Dietro insistenza del Vescovo di questo Vicariato Apostolico di Puerto Princesa, il Superiore Provinciale di quel tempo, mi ha inviato e dato il mandato di preparare le basi per la missione specifica della Congregazione in questa isola di Palawan.

Palawan è un arcipelago delle Filippine composto da oltre 1.780 isole e isolette, situata a Ovest del mare del Sud della Cina, con una popolazione al momento attuale di circa 942.135 abitanti, esclusi i non registrati. Palawan a livello mondiale è stata dichiarata “Ultima frontiera naturale”. Confina a Sud-Ovest con la Malesia e il Nord del Borneo ed è di collegamento tra le Filippine e le Indie dell’Est.

Era la fine dell’ anno 2003 quando mi sono stabilito definitivamente in Palawan. Sono trascorsi 14 anni di permanenza nel Barangay Sicsican, Puerto Princesa City sede della nuova missione. Per più di un anno la mia dimora e stata una stanza presa in affitto, che condividevo con la presenza di un cobra che si manteneva a rispettosa distanza e un cane che si dimostrava essere troppo amico dell’uomo.

Una famiglia vicina mi aveva dato la possibilità di collegarmi alla linea elettrica, mentre l’altra ogni tanto mi offriva parte del loro cibo quotidiano. Quasi tutte le sere si consumava un dramma familiare a spese della figlia di circa 6 anni, da parte del padre che era solito ubriacarsi. Una parete della casa era anche la parete della stanza che occupavo e dalle fessure si vedeva bene quello che accadeva in quella del confinante. Detta famiglia aveva un uccello che riusciva a memorizzare parte di quello che udiva, qui lo chiamano kyao kyao, noi lo chiamiamo “Merlo Indiano”. Il giorno dopo l’uccello ripeteva quello che la sera prima era riuscito a memorizzare e il padre della bambina gli faceva rizzare le penne per quello che gli faceva.

Il missionario è a se stante per appartenenza Congregazionale; per carisma e missione specifica; è presente in differenti Nazioni del Terzo Mondo, con situazioni culturali e strati di povertà non paragonabili.

Anche se non è la principale necessità, è importante la disponibilità economica se si vuole dare delle risposte positive allo sviluppo della popolazione, nel nostro caso i giovani e i bambini.

Quello che sono riuscito a realizzare in questi 27 anni di missionario a servizio della gente, in particolar modo dei giovani, è stato grazie alla continua solidarietà dei lettori del Messaggero di S. Antonio che con le loro offerte, tramite codesta Caritas Antoniana, mi hanno permesso di realizzare programmi sociali in favore dei giovani svantaggiati per aiutarli a costruirsi un futuro migliore e alla grande forza di volontà da parte mia, nel procurare risorse economiche. Quando dico loro che è tempo di andarmene altrove rispondono: Se te ne vai anche tu, chi starà dalla nostra parte? Non rimpiango le strutture se sono state realizzate per lo sviluppo sociale dei giovani in particolare e per tutti coloro che ne stanno beneficiando e ne beneficeranno.

Quando passo per le strade vedo tanti giovani senza far nulla e chiedo loro la causa. Inoltre sono avvantaggiato perché conosco bene la gente del posto e loro conoscono me, perché condivido con loro quello che ho e che appartiene a loro. “La misericordia è una parola fuori dal nostro uso comune di noi missionari”. Bisogna avere il cuore grande per saper comprendere, bisogna capire e amare la gente cosi come è senza pretendere di voler cambiare il loro modo di vita. Con la condivisione sincera è possibile aiutare questa gente nel migliorare il loro livello di vita.

All’inizio quando mi sono stabilito in Sicsican è stata realizzata la strada sterrata per raggiungere la sede del futuro Centro giovanile e il pozzo artesiano con un serbatoio di 20.000 litri di capacità, la zona non era servita di acqua potabile. La gente del posto ne ha usufruito fino a quando si è avuto la possibilità economica di realizzare l’acquedotto e al momento attuale ne è stato realizzato un secondo, perché la popolazione è aumentata. I due acquedotti appena terminati sono stati dati in gestione al “Water District di Puerto Princesa” che provvede alla manutenzione e riscuote le spese di consumo di acqua.

Grazie al supporto economico dei lettori del «Messaggero di sant’Antonio» e benefattori vari di Caritas Antoniana ci avete dato la possibilità di realizzare progetti sociali, ne cito solo alcuni:

  • Nell’anno 2007 acquisto di macchinari per uso agricolo.
  • Nel 2009 costruzione cisterna per la raccolta di acqua piovana.
  • Nel 2010 è stata realizzata la linea elettrica. La linea primaria di 15.000 volts è per il centro giovanile “Luis Amigo’ mentre la linea secondaria di 220 volts è per la popolazione della zona. Appena terminata è stata data in gestione alla Cooperativa che gestisce la distribuzione di energia elettrica alla città di Puerto Princesa e parte di Palawan. La Cooperativa oltre a distribuire energia elettrica fa manutenzione e riscuote le spese di consumo.
  • Nel 2012 acquisto di mobilio in acciaio inossidabile per il centro salute.
  • Nel 2013 costruzione spazio multiuso coperto.
  • Nel 2016 completamento costruzione laboratori per corsi professionali.
  • Nel 2017 macchinari per il laboratorio di falegnameria.

Con l’ausilio dei macchinari alcuni giovani hanno ottenuto il Certificato di Qualifica Professionale, che da loro la possibilità di un lavoro e di guadagnarsi onestamente il supporto economico per le necessità del vivere quotidiano per le proprie famiglie.

Un candidato al lavoro prima di tutto deve avere destrezza e qualità. È importante sviluppare una vasta professionalità, conoscere il lavoro ha uguale importanza di come conoscere se stesso.

Per mia personale conoscenza ed esperienza la causa principale di coloro che vivono sotto la soglia del livello di povertà è la mancanza di istruzione scolastica che non permette loro di procurarsi un adeguato lavoro che li aiuti a uscire dallo stato di sottosviluppo.

Agli incontri con i collaboratori di questo Centro “Luis Amigò” partecipano attivamente le famiglie della zona e i giovani beneficiari, per dare loro la possibilità di condividere i problemi e trovarne soluzioni. La maggior parte dei giovani assistiti appartengono alle famiglie con situazioni precarie e al di sotto del livello di povertà, dando particolare attenzione ai giovani in conflitto con la legge, ai giovani disadattati con tendenza a delinquere e a quelli marginati dalla società. Allo stato di estrema povertà è da attribuire il disadattamento dei giovani.

Come missionario è sempre necessario stare dalla parte dei deboli e ci obbliga nello stesso tempo, insieme a loro, di cercare soluzioni ai loro bisogni.

Grazie di cuore a tutti voi del Messaggero. Pace e Bene!

Fr. Virginio Pompilio

Missionario

Puerto Princesa City, 8 Giugno 2017

Data di aggiornamento: 11 Luglio 2017