26 Marzo 2019

Famiglia, scuola di vita

La famiglia insegna a decentrarsi da se stessi. Insegna il valore del dono. Insegna a diventare adulti. È, per questo, una vera scuola di vita, oltre che una vocazione.
Illustrazione notte in famiglia

@ Giuliano Dinon / Archivio MSA

«Cari Edoardo e Chiara, siamo Luca e Angela, abitiamo in provincia di Modena e come coppia ci vogliamo bene e non siamo in crisi. Leggiamo volentieri la vostra rubrica e ci piacciono molto gli spunti che proponete per la relazione ma, se dobbiamo essere sinceri, a volte ci sembrano impraticabili. Certamente se una coppia non ha figli e ha dei lavori con orari da ufficio pubblico, forse ha le energie e il tempo per mettere in pratica quella cura della relazione che molte volte suggerite, ma noi abbiamo due bambini, uno alle elementari e uno alle scuole medie, entrambi fanno sport (e ci tengono molto) e frequentano il catechismo in parrocchia. I nostri genitori abitano abbastanza lontani da noi e possono aiutarci solo in caso di estrema necessità e tra mutuo della casa e sostentamento della famiglia sia io che mio marito dobbiamo lavorare. Io fortunatamente finisco il mio lavoro nel primo pomeriggio e riesco ad andare a prendere i bambini a scuola, mio marito invece ha un lavoro in proprio e torna a casa per la cena. Le nostre serate sono uno stillicidio delle ultime energie fisiche e psichiche nell’accompagnare i figli a letto, e poi crolliamo. Nel fine settimana, tra partite dell’uno e dell’altro, lavori casalinghi, Messa e catechismo, solitamente ci rimane libera solo la domenica pomeriggio che però non ci basta per recuperare le energie. Come si fa in tutto questo a prendersi cura della coppia? Come si fa a coltivare una bellezza quando ci sono periodi in cui ti sembra di sentire solo fatica?».

Luca e Angela

 

Carissimi Luca e Angela, non abbiamo voluto tagliare la vostra lettera, perché, oltre a descrivere molto bene ciò che molte famiglie vivono nel loro quotidiano, fa capire come il vivere in famiglia insegni a ciascuno di noi il valore del dono e del sacrificio e rappresenti un percorso fondamentale verso l’età adulta. La famiglia è una scuola che allena alla spoliazione di se stessi, al denudarsi di ogni cosa, al decentramento da sé, all’oblazione all’altro. 

Dinanzi alle vostre domande, la prima cosa da fare è... porsi altre domande: «Qual è il fine ultimo di tutte le fatiche che compio, dentro a quale prospettiva le pongo? Vivo la mia vita di corsa solo perché le cose vanno fatte e mi “tocca” farle, oppure posso “utilizzare” le mansioni quotidiane per una finalità più realizzante?». Anche noi due ci ritroviamo nella descrizione che avete fatto: a volte ci sentiamo soccombere sotto il peso del quotidiano, ma poi una vocina dentro di noi (magari mentre siamo in macchina ciascuno per conto proprio o sotto la doccia...) ci dice: «Ma che significato vuoi dare a queste incombenze? Perché porti a basket tuo figlio? Perché lavori? Perché fai quello che fai?». La risposta è una sola: «Per amore!». Dinanzi a essa, tutta la vita comincia ad assumere un altro colore: non sto solo lavorando, sto amando; non sto solo mettendo a letto i miei bambini, sto amando; non sto solo facendo un servizio per la Chiesa, sto amando. Allora in ogni cosa che facciamo possiamo vivere e dimostrare l’amore per nostra moglie o nostro marito, i nostri figli, i fratelli e le sorelle e serve a noi stessi per imparare ad amare. Questa consapevolezza ci ricolloca nella giusta prospettiva; ovviamente non elimina le stanchezze o il sonno, ma cambia il sapore della realtà che non ha più quello sterile gusto di obbligo o di dovere subìto.

Un’altra strada utile da percorrere è smettere di pensare che ci vorrebbe un’altra vita per essere sereni, per essere felici («se avessi un altro lavoro, un’altra casa, i nonni vicini, un altro conto corrente…») o che la felicità riguardi solo il futuro («quando i figli saranno più grandi, quando finiremo di pagare il mutuo, quando passerà questo periodo al lavoro...»). Il fatto è che tutte queste idee hanno qualcosa di vero, ma ci distraggono da quello che è più importante: realizzare la pienezza della nostra vita adesso, qui e ora. Per ottenere questo non serve necessariamente fare altro (benché, se si può aggiustare qualcosa, sia doveroso provvedere), ma vivere pienamente tutto quello che facciamo, immergersi nel quotidiano e con creatività. Ecco allora che le domande costruttive da porre a noi stessi sono: «Come posso trasformare la sistemazione della tavola per la cena in un momento di festa? Come posso trasformare il tragitto in macchina verso il campo di allenamento in un momento d’intimità con mio figlio? Come potrebbe divenire un bel momento da ricordare questo sabato sera in famiglia?». Perché la questione non è fare cose nuove, ma fare nuove tutte le cose.

C’è poi un ultimo passaggio, ed è quello che passa attraverso una domanda ineludibile: «Ma per chi faccio quello che faccio? Per me e il mio benessere, per i miei familiari e per il bene che voglio loro o per quel Padre che è nei cieli?». La risposta, inevitabile, cambia completamente i riferimenti rispetto a quello che stiamo facendo e al come lo stiamo facendo.

Cari Luca e Angela, vi abbracciamo e condividiamo con voi un percorso, di vita e di famiglia, che non è sempre facile e vi lasciamo con le parole di papa Francesco: «Non esiste la famiglia ideale, ma è ideale vivere in famiglia».

Buon cammino.

Edoardo e Chiara Vian

 

Volete scrivere a Edoardo e Chiara? Potete spedire le vostre mail a:redazione@santantonio.org; segnalando nell'oggetto la rubrica Cari Edoardo e Chiara

oppure le vostre lettere a:Edoardo e Chiara, Messaggero di sant’Antonio, via Orto Botanico 11, 35123 Padova.

Data di aggiornamento: 26 Marzo 2019
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