E tu in che tempo vivi?

Festival francescano torna a Bologna dal 22 al 24 settembre. Il tema di questa edizione: Futuro semplice.
06 Settembre 2017 | di

Un uomo del passato. Se pensiamo a san Francesco d’Assisi, morto la sera del 3 ottobre 1226, siamo spontaneamente portati a coniugare i verbi al passato: «era» figlio di Pietro di Bernardone e donna Pica, «partecipò» come cavaliere alla battaglia di Collestrada, «fu» il fondatore dei frati minori, «ricevette» le stimmate alla Verna, «scrisse» il Cantico di frate Sole, e via dicendo con verbi declinati secondo la Storia. E un po’ impolverati e stravecchi, che ci dicono di una distanza almeno esistenziale incolmabile. Egli «fu», noi «siamo». Poi storici e studiosi di cose francescane si danno da fare a recuperare per noi almeno un po’ di questa lontananza: sottraggono documenti dall’oblio delle biblioteche conventuali, trascrivono antichi manoscritti per noi illeggibili, applicano moderni e sofisticati metodi scientifici all’interpretazione della vicenda di Francesco, Chiara e compagni. Tutto ciò da una parte marca ulteriormente quanti secoli ci siano tra lui e noi, fatti di tempo cronologico e perciò di differenze culturali e religiose; dall’altra produce libri, film e musical che, questa stessa distanza, cercano di mitigare con un po’ di fantasia.

Desideriamo e ci sforziamo, perciò, di conoscere il meglio possibile quella storia lontana, per carpirne almeno il segreto al di là delle forme specifiche e transeunte di cui si è rivestita allora. Che, questo lo capiamo in verità bene, appartengono gelosamente a quel tempo e solo a quello. Volgiamo lo sguardo all’indietro e lo puntiamo verso quel lontano orizzonte, perché ci riesca di vedere un po’ meglio il nostro oggi. La nostra fedeltà al carisma, allo stile di vita francescano, dipenderebbe in buona parte da quanto siamo in grado di recuperarne scrostandolo dalle tracce del tempo che scorre. Il tutto sembrerebbe così esaurirsi in una sorta di circolo vizioso tra passato, alquanto inaccessibile del resto, e presente, incerto e complesso e comunque «diverso». E il futuro?

Agli antichi biografi di san Francesco, il suo confratello Tommaso da Celano, san Bonaventura da Bagnoregio ma anche l’anonimo compilatore della Leggenda dei Tre compagni, scappa una battuta sul Poverello di Assisi che ci viene buona. Raccontano con enfasi tutti costoro che uomini e donne accorrevano e si affrettavano per vedere e sentire il santo di Dio, che appariva a tutti come homo alterius saeculi. «Un uomo di un altro mondo», traducono le Fonti Francescane, ed è corretto. Non nel senso che Francesco sia un extraterrestre capitato sul nostro pianeta da chissà dove, ma che non appartiene al nostro oggi, non è di questi tempi presenti. Egli arriva… dal futuro. Francesco viene a noi dal futuro, non dal passato!

Ciò che i suoi contemporanei meravigliati, e noi con loro, coglievano in lui era proprio la capacità di vedere «altro» e «oltre». Di cercare luoghi dove vivere finalmente la logica evangelica del dono di sé. Di saper «guardare il passato con gratitudine, vivere il presente con passione e abbracciare il futuro con speranza» (papa Francesco). Di preannunciare, con le scelte e la vita di ogni giorno, pezzetti di quel futuro di bello e di buono che appartiene a Dio. Anticipi di misericordia divina, in quel lebbroso, che non è un maledetto ma così benedetto da avere un po’ di benedizione anche per me. Ma anche nella fraternità ostinata e recidiva, che non si rifiuta a nessuno, nemmeno all’infedele sultano, e a niente, foss’anche l’acqua, il fuoco, il verme. Nella scelta controcorrente della povertà, che a tutto rinuncia per riavere molto di più direttamente dalle mani di Dio, nella condivisione con ogni uomo e donna. Nel mirare alla piccolezza, la taglia che meglio si addice agli amici di Gesù, attenti poi dopo a curvare il capo per non urtare la volta celeste. Nel vedere nel poco che si vede, a volte nel troppo poco o comunque che le nostre povere forze ci permettono di vedere, il tanto che non si vede. Nel reclamare per sé il potere assoluto, quello che davvero conta: poter rinunciare a qualsiasi forma di potere sugli altri. In fin dei conti, nel credere al Sogno, e nell’essere sufficientemente desiderosi di iniziarne conseguentemente il Viaggio.

Francesco è troppo avanti?! Quando si vive col futuro per tanto tempo, come fai a sapere che è vero? Come si fa ad avere la certezza che la strada intrapresa è quella giusta?

Ma, intanto, quali sono i tempi verbali della nostra vita?

Il programma completo è visionabile sul sito Festivalfrancescano.it

Data di aggiornamento: 06 Settembre 2017
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