07 Febbraio 2019

È in arrivo l'uomo macchina?

Scienza e tecnica, correttamente intese e in dialogo con altre discipline - psicologia, filosofia, arte...- si prefiggono di farci vivere meglio. Vigiliamo, allora, perché tutti, scienziati e non, operino per il bene di ogni uomo e di ogni donna.
uomo che si sfila una maschera e mostra di essere un robot

@ Getty Images

«Gentile direttore, nell’ultima puntata del programma Rai Quark hanno mostrato l’ultimo esperimento di “intelligenza artificiale”: in Arabia Saudita è stato costruito un automa dalle sembianze femminili, programmato con tutto lo scibile: gli sono state insegnate le emozioni e le espressioni del volto; infine gli è stata conferita la cittadinanza. Trovo tutto a dir poco inquietante. Non vedo nessun progresso scientifico o medico, ma solo qualcosa di simile all’esperimento del dottor Frankenstein e alle leggende del Golem: avevano in comune l’ambizione dell’uomo di sostituirsi a Dio. Quali potrebbero essere i risvolti etici e sociali di queste cose attuali? L’uomo rischia di essere ridotto a una macchina costruita in laboratorio: che cosa ne è della sua spiritualità?[…]»

Lettera firmata

La scienza e la tecnica, se correttamente intese e in dialogo – che è il contrario della pretesa di assolutezza e autosufficienza –, con tutte le altre discipline come, per esempio, psicologia, filosofia e arte, hanno come scopo proprio quello di permetterci di vivere meglio. Cercando di capire come siamo fatti, come funziona la creazione e l’intero universo, sforzandosi di penetrare sempre più sia nell’infinitamente piccolo che nell’immensamente vasto. E, d’altro canto, di rendere il più possibile utilizzabili le scoperte fatte. Trasformandole, cioè, in risorse: medicine, ausili, stili di vita e quant’altro serva, appunto, a stare meglio.

Tutto ciò non può che essere una benedizione di Dio, perché risponde alla vocazione dell’umanità. Scienziati e simili meritano per questo anche le nostre preghiere e il nostro ringraziamento.

Evidentemente non tutto funziona sempre bene, né in questo né in qualsiasi altro campo in cui l’uomo metta in gioco se stesso e la sua ragion d’essere. E non sempre l’invenzione del secolo si dimostra a conti fatti così davvero utile e risolutrice. Quando addirittura non è pensata esattamente per far del male. Perché, alla fin fine, dietro a qualsiasi scoperta o «intelligenza artificiale» c’è sempre un essere umano concreto: che programma in un modo piuttosto che in un altro, schiaccia il bottone on o quello off, stacca la spina o cambia la batteria, considera emozionante leccare un gelato o collezionare tappi di bottiglia.

Anche credere o meno in Dio potrebbe fare la differenza.

Se ci pensiamo, in realtà i robot, o qualcosa del genere, sono già stati inventati, costruiti e messi in funzione da parecchio tempo: calcolatrici che fanno le operazioni al posto nostro, bracci meccanici che eseguono lavori che prima spettavano a operai in carne e ossa, elettrodomestici in grado quasi di eguagliare chef stellati, software che correggono i testi che scriviamo al computer. E solo per rimanere a qualche esempio oramai parte della nostra quotidianità. Ecco, questa è la strada, e lo sarà probabilmente sempre di più. Ma, al di là degli spot a effetto o della pazzia di qualcuno, non penso proprio che arriveremo a un’«intelligenza artificiale» talmente intelligente da essere pressoché… umana.

La vita non ce la siamo data noi e noi non siamo nemmeno in grado di darla ad altri. Questo mancherà sempre a qualsiasi intelligenza artificiale: il vivere e il morire, con tutto ciò che ci sta in mezzo. E perciò amare, soffrire, appassionarsi, dare la vita per un ideale o per gli altri, essere imprevedibili, la capacità di decidere responsabilmente, credere in qualcosa o in qualcuno nonostante tutto.Vigiliamo piuttosto perché tutti, scienziati e non, operino per il bene di ogni uomo e ogni donna.

 

Prova la versione digitale del Messaggero di sant'Antonio!

Data di aggiornamento: 07 Febbraio 2019
Lascia un commento che verrà pubblicato