30 Giugno 2014

Dentro e fuori

In clausura ma aperte al mondo, anonime ma rivoluzionarie, nascoste eppure evidenti a chi cerca la vita oltre le apparenze. Sono le clarisse del monastero Santa Chiara di Bienno (BS).

Vi sembrerà un po’ demodé, cari amici, ma sto scrivendo da uno dei posti più «inutili» che ci possa essere su questa terra. E nel frattempo mi domando perplesso come facciano a esistere ancora posti del genere: la nostra non è l’epoca dell’efficientismo e della produttività, del progresso inesorabile? Non è, il nostro, il festival delle apparenze, dove ognuno conta per ciò che può mostrare? Non ci crederete, ma mi trovo tra le persone più «fuori tempo massimo», più «anonime», meno di «successo» che abbia mai incontrato nella mia vita.



E di nuovo mi domando: ma, dico io, sono ancora tollerabili questi rimasugli medievali, questo anonimato e questo nascondimento quando invece l’importante è emergere, dimostrare quanto si vale, correre a destra e a sinistra per essere qualcuno, stanchi, senza forze, ma pur qualcuno? Si può ancora sopravvivere senza titoli blasonati e universalmente riconosciuti, che rendano meno pesante il nome e la storia che ci portiamo dietro? È possibile sopravvivere ai giorni nostri senza «far notizia», in qualunque modo ciò si intenda, senza, cioè, essere protagonisti di qualche scandalo, senza aver lasciato il proprio partner, senza che il foruncolo sul proprio naso non diventi ogni volta un affare mondiale? Mi trovo tra persone che da una vita vivono in questo luogo, da cui se ne escono solo per motivi gravi, e che, ciononostante, si sentono di casa nel mondo. Ma, e la libertà di movimento? E il mondo che aspetta di essere scoperto e goduto? E lo spirito d’avventura? Evvai con altre domande! Si vede che vocazione di questo posto è suscitare dubbi e perplessità, buone occasioni per riprendere il cammino e la ricerca.



Mi trovo tra persone, per l’esattezza tra donne, che non si ricordano neanche più come si fa a fare shopping in un negozio. Perché hanno rinunciato a stivare di cose la propria vita (siamo onesti: il più delle volte assolutamente inutili), per riempirsi di luce, colori, profumi, bellezza, silenzio, amicizia, ascolto: presso di loro quest’anno è di moda l’essenzialità. Ma anche l’anno scorso e l’altr’anno e l’altr’anno ancora... Eppure, mi confida suor Chiara Amata, «il mio abito mi piace. E io ci tengo a esser bella!». Ecco, questo non se lo sono proprio dimenticato per strada: di essere donne! Donne anche «vanitose», in verità, ma che affidano il proprio maquillage a un grande esperto, che ogni giorno rifà loro i «connotati», rendendoli sempre più simili a quelli di… Dio!

 

Noi, chiusi fuori

Mi trovo in un convento di clausura abitato da una decina di sorelle clarisse, le sorelle povere di Santa Chiara, a Bienno, nella bresciana Valcamonica. E non riesco, davvero non riesco, a capacitarmi se sono loro «chiuse dentro» o siamo noi «chiusi fuori». E mi viene in mente quella barzelletta che si raccontava sui manicomi, e che concludeva affermando che, in fin dei conti, «manicomio» è scritto fuori e non dentro…



Dopo essere stato accolto da suor Maria Andreina, madre abbadessa, provo ad approfondire la questione. «Cerchiamo di essere sorelle che si vogliono bene, si stimano, assieme cercano di vivere giorno per giorno il Vangelo di Gesù, condividendo lavoro, preghiera, allegria e fatiche. Santa Chiara, pianticella di san Francesco, nella sua Regola per noi esprime molta fiducia nelle sorelle!».



Sì, va bene, ma queste grate che, pur artistiche, ci dividono, tracciando un inequivocabile «di qua» e «di là», mostrandoci gli uni agli altri a «scacchi»? «Questo – e tanti altri a dire il vero – è solo un segno, con cui ci si aiuta nella scelta di fondo che permea tutta la nostra vita: seguire Gesù! A rigor di termini, non siamo qui per pregare, ma semmai per seguire Gesù (e la preghiera ha perciò la sua centralità). Questa sequela si è poi concretizzata da sempre in uno stile di vita abbastanza ritirato. Un po’ come lo era ai tempi di Chiara, ma anche in maniera complementare all’andare dei frati francescani lungo le vie del mondo, senza stabile dimora. Le grate hanno senso solo e nella misura in cui ci aiutano a vivere l’unica cosa davvero necessaria».



Parole chiare, senza possibilità di replica. Del resto, se la clausura deve essere un muro, assomiglia, persino tecnicamente, a un colabrodo più che a una cinta di separazione, un muro con più porte e finestre che pareti invalicabili. «Molte persone vengono a cercarci: per condividere la nostra preghiera (anche alle lodi, alle 6.30 del mattino!), per trovare qualcuno che ascolti con attenzione le loro storie, per un confronto. Eppure noi che cosa possiamo dare loro? Solo delle semplici e povere sorelle che ascoltano, disposte a incontrare davvero chi si accosta alla grata del parlatorio».

 

Il paradosso dell’inutilità

Affermare di queste suorine, leggere, danzanti – «con corsa veloce, passo leggero, così che i passi non raccolgano nemmeno la polvere», come santa Chiara esorta sant’Agnese di Boemia –, che siano inutili, che sarebbero più utili nelle nostre parrocchie ormai sguarnite di presenze religiose o tra i poveri in missione, è forse banalizzare un po’ troppo la realtà. E infatti loro non ci stanno. È vero che non organizzano né gestiscono proposte pastorali o servizi di carità, se non in maniera indiretta, perché alla porta del monastero bussano talvolta poveri affamati o gruppi di catechesi in cerca di una testimonianza. Ma ci vorrà pure qualcuno che con l’assurdità e la paradossalità della sua scelta ci mette in crisi? Qualcuno che, attraverso un progetto di vita «controcorrente», ci richiama ad altre dimenticate dimensioni della nostra vita? Qualcuno che corra il rischio, con la forza della fraternità, di esserci, sempre, giorno per giorno? Anche nei conflitti, che pure in monastero succedono, ma appunto senza facili scappatoie.



Mi arrendo. Mangio con gusto la buona pastasciutta che suor Chiara Letizia mi porge, anche se so che il loro piatto forte è la vellutata di zucchine.



So che Dio ha chiesto la loro amicizia. Ed esse gliel’hanno data! E ora tutta la loro vita è cercare di restare sintonizzate, on-line, con lui. Di metterci ognuna la propria tessera, irrinunciabile ma preziosa perché unica, anche se monocromatica e laterale. Come il puzzle della Notte stellata di Van Gogh che le nostre suorine stanno cercando di completare…

 

 

INFO



Monastero Santa Chiara

Via S. Pietro

25040 Bienno (BS)

tel. 0364 406706

e-mail clarisse.bienno@gmail.com

 

Se ti stai domandando che cosa il Signore desidera per te, o se ti incuriosisce la vita francescana, visita: www.vocazionefrancescana.org

Vi troverai un frate pronto ad ascoltarti e a consigliarti!

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017