Dacia Maraini. Il grande incontro con Chiara

Intervista a Dacia Maraini, affermata scrittrice che, nel suo ultimo libro, si è occupata di Chiara d’Assisi.
27 Febbraio 2014 | di

«Sono laica, ma credo nella spiritualità e nella sacralità dell’essere umano. Mi offende la dissacrazione dell’uomo. In Francesco e Chiara ho trovato radici lontane della nostra migliore cultura. Nella spiritualità e nell’idealismo di Chiara e Francesco vedo una voglia di purezza che ancora oggi anima la parte piu sensibile del nostro Paese. È evidente la capacità di capire l’altro, di essergli vicino, di accoglierlo e curarlo. Per questo è importante recuperare quella memoria che trova riscontro nelle profondità dei bisogni di oggi». Lo ha affermato Dacia Maraini, nota scrittrice da sempre attenta alle tematiche femminili, presentando in anteprima a Padova, alla «Fiera delle Parole», il suo volume Chiara d’Assisi. Elogio della disobbedienza (Rizzoli). È una sorta di biografia romanzata, un libro originale, a volte provocatorio, in cui l’autrice intreccia tre vite: quella di Chiara d’Assisi, quella di una ragazza di oggi, Chiara Mandalà, e quella della stessa Maraini.

Il ritratto di Chiara e del suo tempo riflette storia e convinzioni dell’autrice che, nel corso della stesura del volume, è stata presa da affetto e «ammirazione per la vitalissima e ferrea donna che è stata Chiara d’Assisi»: una badessa speciale, autorevole, pronta a digiunare e pregare, dalle mani laboriose, ruvide e dolci, intente a filare o a eseguire anche i lavori più umili e dai piedi scalzi. Per lei povertà significava libertà. «L’idea geniale di Francesco e Chiara – ha affermato Maraini – era quella di rimanere dentro la Chiesa e di scavarsi uno spazio di libertà, una “disobbedienza obbediente”».


Msa. Scrivere questo libro su santa Chiara l’ha cambiata in profondità?
Maraini. In un certo senso sì, ogni viaggio che si fa in un’altra epoca, in un’altra vita, ti cambia. Ho scoperto delle cose bellissime in quelle clarisse così coerenti con se stesse e con la loro passione e ho avuto modo di approfondire la straordinaria capacità rivoluzionaria delle donne all’interno della Chiesa delle origini… Le istituzioni ecclesiali hanno poi «imbalsamato» questa energia collettiva, questa capacità tutta femminile di abbracciare Dio con generosità e intelligenza. Scrivere questo libro mi ha cambiata come cambiano tutti i grandi incontri.

È stata Chiara che ha scelto lei o lei che ha scelto Chiara?
Non vorrei essere presuntuosa, penso che in un certo senso sia stato un «incontro». Scrivere questo libro è stato diverso rispetto ai precedenti, perché non è un romanzo, c’è di mezzo un personaggio vero.

Lei ha detto che Chiara è stata più rigorosa di san Francesco.
È vero. Francesco è morto giovane e forse ha fatto più fatica di Chiara, perché ha avuto un grandissimo successo: aveva fatto una regola per una piccola comunità, che si è allargata immediatamente, e così ha dovuto «cedere» anche perché la stessa comunità richiedeva minor rigore. Per esempio, una cosa su cui lui ha dovuto desistere (e che avrebbe voluto) era che le donne potessero predicare insieme con gli uomini, e questo invece non è stato permesso.

La vita di Chiara non è stata una vita facile.
No, è stata durissima.

Secondo lei, perché oggi c’è tanto interesse per i santi, anche da parte del mondo laico?
Può darsi che dipenda da una volontà di dialogare. La globalizzazione porta a un maggiore scambio tra laici e credenti, e anche tra persone di religioni diverse: nelle scuole italiane ci sono moltissimi stranieri e si pone il problema del rapporto tra le varie religioni. Credo che questo abbia portato alla ribalta il problema di come dialogare, come mettersi in confronto, come intrecciare un rapporto. E allora ci si interroga anche sull’identità cristiana.

Qual è stato, a suo parere, il ruolo delle donne nella Chiesa?
Sono state «sacrificate», sono state considerate «manodopera gratuita». C’è stato poco rispetto verso i loro pensieri, le loro parole. Faccio un esempio traendolo dalla letteratura, perché questo è il mio campo: non sono stati fatti circolare bellissimi testi scritti dalle donne credenti, dalle monache o dalle martiri. Una di queste è Vibia Perpetua, una martire cristiana, che io non conoscevo prima di scrivere questo libro su Chiara. Nel III secolo dopo Cristo, a Cartagine, Vibia abbandonò marito e figlioletto ancora lattante e andò incontro al martirio inflittole dai romani. Se avesse rinnegato la fede cristiana, si sarebbe salvata, ma lei non lo fece e durante i mesi di prigionia tenne un diario, poche pagine straordinarie che oggi, per iniziativa laica, possiamo leggere (La passione di Perpetua e Felicita, Bur 2008). In esse Vibia parla del figlioletto, del padre che va a trovarla in prigione, e anche di come lei abbia potuto allattare il suo bambino e tenerlo con sé in carcere. Quando aveva il suo piccolo con sé, la prigione diventava per lei un palazzo, il luogo migliore del mondo. Mi chiedo perché la Chiesa non abbia fatto conoscere questi bellissimi testi di letteratura cristiana.

Con gli ultimi Pontefici c’è stato nella Chiesa un passo avanti nel riconoscimento delle donne e del genio femminile?
Soprattutto papa Francesco, direi, sta dando degli esempi di modernità e anche di chiarezza. Mi piace molto quello che sta facendo sulla trasparenza, perché quello che mancava nella Chiesa moderna era proprio la trasparenza.

Ci potrebbe essere una «teologia al femminile»?
Se parliamo di una teologia che rifletta gli interessi e il pensiero delle donne sì.

E quel «Dio Madre» di cui lei parla?
«Dio Madre» esiste. Non l’ho inventata io. Nel primo cristianesimo era una figura che faceva parte dell’immaginario collettivo, poi è stata cancellata perfino dalle grandi immagini simboliche. Secondo me, andrebbe riscoperta.

Nella sua famiglia ci sono importanti figure femminili. A cominciare dalle nonne, per esempio…
Mia nonna paterna, Yoi Crosse, ha lasciato la famiglia e se ne è andata da sola, col sacco in spalla, in giro per il mondo. Era una persona molto coraggiosa. Ho molte donne nella tradizione familiare che costituiscono dei grandi esempi di coraggio, di autonomia. Mia madre, per esempio, ha accettato di andare in campo di concentramento a morire di fame, pur di non rinnegare le proprie idee antifasciste...
  

Biografia
 

Dacia Maraini nasce a Fiesole (FI). La madre Topazia appartiene a un’antica famiglia siciliana, gli Alliata di Salaparuta. Il padre, Fosco Maraini, è un famoso etnologo. La famiglia si trasferisce in Giappone nel ‘38 per motivi di studio del padre. Avendo rifiutato di firmare l’adesione alla Repubblica di Salò, i coniugi Maraini vengono internati, insieme con le tre figlie, per due anni in un campo di concentramento a Nagoya. Rientrati in Italia, si trasferiscono in Sicilia, a Bagheria (PA). Nel 1962 Dacia pubblica il suo primo romanzo: da allora a oggi le sue opere sono moltissime e tradotte in 25 lingue. La Lunga vita di Marianna Ucrìa (1990) ha vinto, tra i molti premi, il Campiello. Buio (1999) il Premio Strega. Nel 2012 Dacia Mariani ha ottenuto il Premio Campiello alla carriera. Dal 1967 a oggi, Dacia Maraini ha scritto più di trenta opere teatrali, tuttora rappresentate in Europa e in America. Da poco ha pubblicato Chiara d’Assisi. Elogio della disobbedienza.


Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017