Cinema America: a Trastevere come in un film

La vicenda del Cinema America di Trastevere, un’iniziativa avviata da un gruppo di studenti per rivitalizzare il loro quartiere, creando e rafforzando relazioni di prossimità.
14 Settembre 2019 | di

Passeggiando nel quartiere di Trastevere in una sera d’estate potrebbe capitarvi di passare per piazza San Cosimato. Non è particolarmente graziosa, di quelle con i sanpietrini e gli scorci di mattoni adorni di rampicanti che tanto piacciono ai turisti. È un posto comune, dove ogni giorno le casalinghe del quartiere scelgono la frutta e la verdura al mercato tra le grida acute dei bambini che giocano nel piccolo parco attrezzato che le sta su un angolo.

L’estate, quando scende la sera, ci succede però anche qualcos’altro e potrebbe capitarvi di vedere una scena che ha dell’incredibile: davanti a uno schermo grande come quello di un cinema vedrete centinaia di persone accomodate in sedie, sgabelli di fortuna, asciugamani e cuscini portati da casa, che seguono con occhi incantati la proiezione di un film. In mezzo a loro potreste vedere seduto l’attore inglese Jeremy Irons, come io l’ho visto. Quando il film è terminato, Irons è salito sul piccolo palco davanti allo schermo e, nel vedere che cosa indossava, la piazza è esplosa in un applauso caldissimo: era una maglietta bordeaux con la piccola scritta «Cinema America Trastevere».

Che cos’è il Cinema America? Non lo si può spiegare se non raccontando la storia dei «suoi» ragazzi, perché dietro a ogni progetto speciale ci sono sempre persone che hanno guardato dove nessun altro stava guardando.

Il Cinema America è una sala di proiezioni degli anni ’50 che, dopo il periodo glorioso dell’industria cinematografica romana, è stata dichiarata in fallimento nel ’99 e del tutto abbandonata. Nel 2002 una società l’acquista per abbatterla e farne mini appartamenti di lusso e un garage. Trastevere è un quartiere molto frequentato dai turisti e lo spazio edificabile vale moltissimo. Ci vivono però anche 20 mila persone che turisti non sono e che nelle sue vie fanno una vita normale, la spesa, i giochi dei bambini, l’ufficio postale, il calzolaio e sì, anche il cinema che non c’è più e invece servirebbe che ci fosse. Per dieci anni il cinema resta ancora chiuso, completamente abbandonato, ma quando si sparge la voce che la giunta comunale sta per dare l’ok ai lavori di abbattimento, succede qualcosa che nessuno si aspettava: una cinquantina di ragazzi appena usciti dal liceo decide di occuparlo. L’occupazione è un gesto politico e civico molto diffuso nelle grandi città. Tecnicamente è una violazione della proprietà privata, ma in pratica gli spazi occupati sono luoghi abbandonati, ferite aperte nello spazio urbano, e chi li occupa ha invece progetti di rivitalizzazione e di uso pubblico gratuito che creano e rafforzano le relazioni di prossimità dei quartieri dove avvengono gli appropri spontanei.

Dalle occupazioni a Roma sono nate decine di realtà indispensabili, due per tutte: la Casa Internazionale delle donne e Il grande cocomero, l’associazione di volontariato che si occupa degli adolescenti ricoverati in regime diurno in neuropsichiatria infantile all’ospedale Umberto I. Il valore di queste occupazioni è talmente rilevante che di solito, quando si tratta di spazi pubblici, le amministrazioni sanano l’illecito con concessioni apposite.

Il Cinema America però non era uno spazio pubblico e i padroni del locale non avevano alcuna intenzione di negoziare con i ragazzi occupanti. Ma chi erano questi ragazzi? Niente più che un gruppo di studenti che con la riforma Gelmini non avevano più le scuole come luogo di incontro nel pomeriggio. L’America, vuoto e fatiscente, era lo spazio perfetto, un simbolo della speculazione edilizia in un quartiere vetrina che si rifiuta di morire a uso turistico.

Nei diciotto mesi successivi all’occupazione i volontari fanno un miracolo: con 100 mila euro di donazioni spontanee dal quartiere, ristrutturano tetto, grondaia, pavimenti, impianto elettrico e creano una biblioteca e un’aula studio. Riprendono a proiettare film e ogni sera la sala torna piena. Sostengono la loro occupazione nomi importanti dello spettacolo, da Salvatores a Sorrentino, da Tornatore a Moretti, da Verdone a Comencini, da Archibugi a Virzì. Bertolucci, Rosi e Scola danno il loro contributo e l’esperienza ha così tanto successo che i ragazzi riescono a convincere Regione e Comune a mettere i vincoli all’edificio perché diventi bene di interesse culturale e non possa essere trasformato in un albergo.

Purtroppo la proprietà fa ricorso chiedendo lo sgombero e lo ottiene: nel 2014 i ragazzi vengono sbattuti fuori dal locale. Il quartiere e la città si sono però risvegliati grazie al loro esempio e succede l’imprevedibile: i proprietari di un forno dismesso attaccato al cinema concedono lo spazio in comodato d’uso ai ragazzi che, prima vi fondano l’associazione Piccolo Cinema America, poi iniziano l’esperienza delle proiezioni in piazza, gratuite e partecipatissime, in coda alle quali i grandi nomi del cinema, attori, registi e produttori, vanno a parlare agli spettatori rivendicando l’azione degli studenti.

A tutt’oggi il cinema resta chiuso, ma la piazza di San Cosimato è aperta e viva, con centinaia di persone che ogni sera tornano a sperimentare la bellezza di avere uno spazio in comune. Se non fosse tutto vero, sembrerebbe un film.

Prova la versione digitale del «Messaggero di sant’Antonio»!

Data di aggiornamento: 14 Settembre 2019
Lascia un commento che verrà pubblicato