A Cagliari, Becchetti presenta «Cercatori di LavOro»

Parla l'economista che, alla 48° Settimana Sociale dei cattolici, presenta i risultati della campagna promossa per incoraggiare una visione e uno sviluppo delle dinamiche occupazionali in grado di riportare la centralità del lavoro sull’uomo.
27 Ottobre 2017 | di

La campagna «Cercatori di LavOro» è nata per promuovere nuove forme di rilancio dell’occupazione in grado di riportare la centralità del lavoro sull’uomo e sul genius loci, e capaci di valorizzare le esperienze positive che il mondo del lavoro e dell’impresa ha saputo elaborare negli ultimi anni, pur dovendo far fronte a una pesantissima crisi economica.

Un altro obiettivo è quello di mettere in moto un movimento virtuoso di giovani che operino su alcuni capisaldi come partecipare, informarsi, comunicare, valutare, innovare. Tra i protagonisti di questa iniziativa, c’è l’economista Leonardo Becchetti, professore all’Università di Roma – Tor Vergata.

Msa. Perché l’attuale modello economico va rivisto?

Becchetti. Tutto è costruito e orientato per favorire la creazione di valore economico e benessere del consumatore. Quest’ultimo si ottiene attraverso la concorrenza e la riduzione dei prezzi. Ma, molto spesso, per raggiungere questi obiettivi, c’è una riduzione del valore e del costo del lavoro, che va ad incidere sulla dignità della persona.

I giovani faticano a trovare lavoro, mentre per chi è già occupato si profila la prospettiva di dover lavorare fin quasi a 70 anni.

Il sistema pensionistico, per poter essere sostenibile, deve avere un certo rapporto tra gli anni in cui si pagano i contributi e gli anni in cui si va in pensione. Tuttavia, il lavoro per i giovani non lo si trova mandando in pensione più avanti negli anni chi è già occupato, ma creando opportunità di lavoro con buone idee imprenditoriali e con politiche macro-economiche adeguate.

Com’è stata strutturata la campagna «Cercatori di LavOro»?

Partendo da questo momento così difficile dominato dalle sfide della globalizzazione, delle migrazioni e dell’industria 4.0, siamo andati a vedere sui territori quali fossero le migliori pratiche impostesi nella capacità di creare lavoro. Abbiamo coinvolto quasi tutte le diocesi italiane e oltre trecento giovani, censendo più di quattrocento realtà diverse: imprese, istituzioni formative, amministrazioni. Ne abbiamo fatto una mappatura e ne abbiamo ricavato un programma politico per il Governo italiano e per l’Europa, volto a favorire proprio la creazione di nuovi posti di lavoro.

Qual è l’identikit dell’Italia di oggi?

È un Paese con una manifattura d’eccellenza e con imprenditori che sanno valorizzare il genius loci dei loro territori cioè la biodiversità, la cultura, e poi il turismo che, a sua volta, trascina con sé una parte del manifatturiero. Settori in cui l’Italia è molto forte. Cooperative, associazioni, organizzazioni pubbliche e private cercano di valorizzare i beni del proprio territorio, puntando ad arricchirne l’attrattività in modo tale da farlo diventare un magnete in grado di attirare attività economiche. Per fare un esempio: Ragusa è diventata Ragusa Ibla Patrimonio dell’Unesco, ma c’è stato uno sforzo molto forte della Fondazione con il Sud per migliorare l’attrattività di questo territorio. E tutto questo ha portato benefici anche agli altri «attori economici».

In che modo è diffusa la valorizzazione del genius loci?

A macchia di leopardo, ma ci sono zone in cui questa capacità di valorizzazione del territorio è molto forte. Dipende dal microcosmo locale ovvero se c’è quella marcia in più, quello spirito imprenditoriale, quella capacità di cooperare tra tutti gli attori di un territorio. Perché questa valorizzazione non può essere realizzata se in un territorio ci sono soggetti che si fanno la guerra tra loro.

Quante buone pratiche sono state censite?

Almeno una cinquantina. È molto interessante l’esperienza di Civitas Vitae a Padova, che favorisce l’incontro tra generazioni diverse. A Genova gli Orti collettivi per rigenerare il tessuto urbano, e non, abbandonato, attraverso le «eccezioni compensative» cioè: uno lavora un territorio o ristruttura una casa e, se porta a termine l’opera, parte di quello che ha realizzato diventa suo. Sono rimasto colpito anche da San Pantaleo in Sardegna: un piccolo paese di montagna dove è stato fatto un lavoro accurato per renderlo interessante architettonicamente, ed è diventato un centro d’attrazione. Valida anche l’esperienza di Goel Bio nella Locride e nella Piana di Gioia Tauro, in Calabria: una rete di imprese agroalimentari che lavorano nella legalità, con prodotti tipici di alta qualità.

Data di aggiornamento: 27 Ottobre 2017
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