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Mauro Garofalo

Alla fine di ogni cosa

Romanzo di uno zingaro
08 Ottobre 2016 | Recensione di
Copertina Alla fine di ogni cosa di Mauro Garofalo
Scheda
Frassinelli
2016
18,50

Ci sono piccoli grandi uomini che sopravvivono ai buchi neri della storia. Ci sono libri capaci di far rivivere quegli uomini, con l’intensità di un flashback. Come se le loro vite fossero accadute ieri. Uno di questi libri è Alla fine di ogni cosa (Ed.Frassinelli) di Mauro Garofalo, romanzo d'esordio dell'autore.

Nel libro Johann Trollmann, il protagonista, chiamato «Rukeli», «albero», dalla sua comunità sinti, ritorna dal 1929. Ha 22 anni, riccioluto, bello come un divo, con la passione per la boxe. Lo scopre, in una polverosa palestra di Hannover, il manager Ernest Zirzow. Lo convince a seguirlo a Berlino. Johann lascia il campo sinti, la vita di un tempo, per un grande sogno: diventare campione di Germania.

Ha il talento di un Mohammed Alì ante litteram, Rukeli. È leggero, veloce. Saltella intorno all’avversario con la levità di un ballerino. Poi d’un tratto, trova l’angolo scoperto, colpisce e atterra l’avversario con colpi invisibili. Una boxe mai vista.

E la Germania va in visibilio. Proprio nel tempo in cui Hitler inizia la sua inesorabile ascesa. Gli spalti dei ring si riempiono sempre più di macchie nere. Camicie brune, sguardi disgustati e minacciosi, per quello zingaro che boxa come una femmina. Mentre la boxe - suggerisce il Mein Kampf - è lo sport ariano per eccellenza.

Nel 1933 Erich Seeling abbandona il titolo dei mediomassimi. Espatria perché è ebreo. Non senza prima avvertire Johann, il pugile sinti e consigliargli la fuga. Non c’è più posto per quelli come loro in Germania. Ma Rukeli non molla. È l’occasione che ha atteso da una vita.

All’incontro per il titolo, il regime gli oppone Adolf Witt, il ritratto del pugile ariano, amato dall’Adolf per antonomasia. La boxe degli uomini liberi, contro la boxe di regime. Rukeli vince abbondantemente ai punti. L’incontro viene annullato. Ma il pubblico si ribella. Per ristabilire l’ordine, l’arbitro dà la vittoria a Johann per un solo punto. Rukeli vince e piange di gioia, davanti al popolo tedesco che l’ha riconosciuto campione, nonostante il tripudio di camicie brune.

Ma è una vittoria che dura una settimana. Da quel titolo vinto con l’anima Rukeli inizia la sua discesa agli inferi. Che lo porterà a morire in un campo di sterminio. La fine di ogni cosa.

La prosa di Garofalo è scarna, essenziale, visiva. Il fatto che lo stesso autore sia un pugile, conferisce al racconto pennellate di verità. Il volto di Rukeli riappare dal buio. Si ha quasi la sensazione che il pubblico si alzi intorno al ring della storia e finalmente restituisca a Johann Trollman il suo titolo. Per sempre.

Data di aggiornamento: 06 Dicembre 2016